RELAZIONE NEUROPSCICHIATRA DEL 10 – 12 – 2007
Dott. ……
Medico-Chirurgo
Specialista in Neurologia e Psichiatria
Dirigente Medico Clinica Neurologica Osp. S. Gerardo di Monza
Consulente Tecnico del Tribunale di Milano N°. …..
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Milano 10.12.2007
Relazione
sul bambino …… …… …… nato a Como il … …
… e residente in via …. …. Tel. …….
……….OMMISSIS……..
CONCLUSIONI NEUROLOGICHE MEDICO-LEGALI
Riguardo al bambino ..… …… …… è disponibile un’ampia documentazione costituita da numerose relazioni mediche e strumentali e cartelle cliniche relative a numerosi visite e ricoveri sia per fini terapeutici che per indagini.
Sulla base dei dati documentali e della visita clinica eseguita dal sottoscritto è
possibile esprimere alcune considerazioni:
In tutte le descrizioni obiettive, a qualunque età esse siano state eseguite,
viene documentata, negli atti disponibili, un’obiettività neurologica
caratterizzata da:
-deficit motorio-coordinativo e dell’articolazione del linguaggio.
-deficit cognitivo coinvolgente tutti i molteplici settori esaminati.
Questi dati obiettivi, perciò, sono univoci nell’indicare che il quadro clinico del
soggetto è quello di una cerebropatia diffusa e non di una semplice atassia
cerebellare.
Quanto alla eziopatogenesi del quadro clinico sopradescritto la diagnosi prevalente è stata di “Atassia da Malattia Mitocondriale”. Al Besta tale diagnosi è stata formulata in modo assertivo, mentre alla Fond. Stella Maris la diagnosi è
definita come “verosimile”. Peraltro presso quest’ultima Istituzione la diagnosi è ancora in itinere, essendo tutti gli esami genetici e biochimici ancora non disponibili. Si tratta, perciò di una diagnosi in ipotesi, non supportata da alcun esame genetico che lo confermi.
E’ da ricordare, infatti, che il bambino presenta solo alcuni dei sintomi della
malattia (la sindrome atassica) ma non presenta la gran parte dei sintomi
tipici delle encefalopatie mitocondriali (emicrania, dolori addominali con
pseudo-ostruzione intestinale, episodi di lesione focale del cervello cosiddetti
“stroke-like”, sordità), etc. In particolare non sono presenti la miopatia e
l’epilessia, sintomi che contraddistinguono tipicamente le Malattie
mitocondriali e che, anzi, in molti casi sono gli unici presenti. Non vi sono,
infatti, dati anamnestici o obiettivi che supportino la presenza di questi
sintomi, l’EMG e l’EEG sono normali e la spettroscopia RM non evidenzia
accumulo di acido lattico. Anche nel sangue non è presente acidosi lattica.
In aggiunta il soggetto presenta un deficit linguistico e cognitivo che è presente
nelle Atassie genetiche da alterazione del DNA mitocondriale solo nelle fasi
avanzate (mesi o pochi anni prima della morte).
In sintesi la diagnosi di Atassia da Malattia mitocondriale (sia esso un deficit
da Coenzima Q o di un altro elemento della catena enzimatica mitocondriale) è
supportata solo da alcuni elementi diagnostici positivi ed è frutto,
semplicisticamente, della sola ipotesi che di tale patologia si tratti.
Peraltro contro tale diagnosi giocano la gran parte dei dati anamnestici,
obiettivi, strumentali e biochimici disponibili, ad eccezione della sola RM cranio, che evidenzia un’atrofia cerebellare (ma anche corticale come dovrebbe essere nelle Atassie Mitocondriali). L’atrofia cerebellare ha, però, una patogenesi assai diversificata, che spazia dalla cause congenite a tutte quelle acquisite.
Qualora, invece, si parli di Atassie genetiche degenerative, è da ricordare che tutti
gli accertamenti diagnostici circa questa diagnosi sono risultati negativi.
Perdipiù, ora sono disponibili accertamenti genetici molteplici per affermare
(o negare) tale diagnosi ed esse sono stati eseguiti durante i ricoveri con
risultati, però negativi, come già detto.
Inoltre, l’evoluzione clinica è anomala anche per una Atassia degenerativa (oltre che per una Atassia mitocondriale): nel nostro caso, infatti, abbiamo avuto un
esordio acuto, un lento peggioramento nel corso di 3-4 mesi, una successiva
stabilità e, infine, una fase di lento miglioramento nel corso degli ultimi anni.
Il decorso delle Atassie degenerative (come anche delle Atassie mitocondriali) che esordiscono in questa fascia d’età, invece, è irrimediabilmente severo, con una lenta e rapida evoluzione verso la morte. Vi è, cioè, un’evoluzione che è l’opposto di quella del nostro caso.
La normalità della nascita, dell’immediato post-partum e delle prime settimane e mesi di vita, fino al 16° mese, inoltre, dimostrano l’assenza di patologie intrauterine o connatali, siano esse congenite o acquisite.
L’evoluzione della malattia del piccolo ……… ………. Si può sinteticamente riassumere in una prima fase di esordio, con febbre e diarrea, perdurati ina settimana, seguita 7-10 giorni dopo la 3° vaccinazione antipoliomielite, antidifterite-tetano-pertosse e antiepatite B (15 luglio 1999, circa al 16° mese), da un disturbo atassico della stazione eretta e della marcia e da un disturbo del linguaggio, con un successivo lento peggioramento, una breve fase di accelerazione, in coincidenza con la vaccinazione antimorbillo-rosolia-parotite, e una ulteriore fase di lenta progressione, per arrivare, infine, al completamento del quadro sintomatologico
nel novembre-dicembre 1999. In totale trascorrono dall’esordio circa 3-4 mesi.
Il bambino presentava a questo punto una grave perdita delle capacità motorie e
un grave deficit delle capacità intellettive, linguistiche e cognitive fino ad
allora raggiunte. In seguito vi è stato, dopo la fase di stabilizzazione dei sintomi, un lento miglioramento, ancora in corso, con parziale regressione dei sintomi.
L’altro elemento di rilievo è che tale quadro neurologico acuto è comparso 7-10 giorni dopo la 3° vaccinazione antipoliomielite-tetano-pertosse e antiepatite B.
Nelle considerazioni medico-legali la C.M.M.L. di Milano afferma che “è ammissibile un’associazione tra vaccino e una malattia neurologica acuta grave solo se questa insorge entro 72 ore dalla vaccinazione o comunque non oltre i 7
giorni”. La C.M.M.L. di Milano non ha tenuto conto che il bambino ha presentato
febbre e diarrea perduranti una settimana dopo il vaccino e che poi, 7-10 giorni circa dopo la vaccinazione (15 luglio), sono divenuti apparenti alla madre
i sintomi dell’encefalite. La C.M.M.L. di Milano non ritiene che ciò soddisfi i criteri di associazione temporale. D’altra parte la catena degli eventi contraddice tale affermazione, essendo essi iniziati entro i 7 giorni dalla vaccinazione e proseguiti successivamente con un’evoluzione progressivamente ingravescente.
Inoltre quanto afferma la C.M.M.L. di Milano (sulla scia dell’ACIC del dipartimento
della Salute degli USA) è in contrasto con ciò che si conosce delle encefaliti
post-infettive ( di cui le encefaliti post-vacciniche sono una sottoclasse). E’
noto, infatti, che tali eventi compaiono negli ultimi giorni dell’infezione o a
distanza di 1-2 o tre settimane dall’evento infettivo. Il loro andamento,
inoltre, può essere iperacuto (quadro grave e conclamato in poche ore), acuto o
subacuto (evoluzione progressiva in alcuni giorni o, addirittura, poche settimane).
Nel nostro caso, come già sottolineato, la febbre e la diarrea compaiono subito
dopo la vaccinazione, perdurano una settimana e la defervescenza è accompagnata dalla comparsa dei sintomi neurologici.
Abbiamo, cioè, una fase acuta iniziale, come frequentemente avviene nelle encefaliti post-infettive (ma occorre sottolineare che la febbre non è un sintomo sempre presente) e una successiva progressione dei sintomi, legata al danno subito.
In sintesi, il caso in esame si deve categorizzare come una encefalite
post-vaccinica che ha causato una cerebropatia i cui esiti sono ora
stabilizzati.
La diagnosi di Atassia Congenita (sia essa degenerativa o genetica, da malattia
mitocondriale o da altra tipologia di anomalia genetica) è da ritenersi
insoddisfacente e inadeguata a giustificare la storia clinica del paziente.
Il paziente ha presentato un esordio dei sintomi dopo la vaccinazione antipolio,
antidifterica-tetanica-pertosse e antiepatite B, con comparsa di sintomi che
sono tipici di un quadro infiammatorio con un rapporto temporale idoneo a
sostenere un nesso causale, quantomeno secondo i criteri dell’ACIP, molto
restrittivi e non universalmente accettati da parte del mondo sanitario
statunitense e di altri paesi occidentali e da parte delle Autorità Sanitarie
di altri paesi.
Gli accertamenti finora eseguiti hanno escluso altre cause della malattia.
Tale asserzione circa il nesso causale è valida per motivi di stretto rapporto
temporale con la 3° vaccinazione antipolio-difterite-tetano-pertosse e
antiepatite B e per l’assenza accertata di altre possibili cause, come già
detto. E’ valida altresì. Anche per l’andamento dei sintomi, tipico delle forme
encefalitiche acute con postumi invalidanti: fase iniziale acuta, fase di stato
di stabilizzazione, fase finale di lento recupero, favorita dalla riabilitazione.
Dobbiamo, perciò, concludere che le conclusioni della C.M.M.L. di Milano e dell’ASL di Como debbono essere modificate in un secondo giudizio, acclarando che il bambino …….. ……. Ha presentato una encefalopatia post-vaccinica con conseguente cerebropatia a evoluzione in parte regressiva, i cui esiti sono attualmente stabilizzati.
Dott. ……….

“…Alla luce di tutto quanto riportato nella ricostruzione dei fatti con l’anamnesi, nell’analisi della documentazione clinica esistente, nonché degli aspetti giuridici legati alla legge 210/92, è possibile affermare con ragionevole sicurezza che fra le vaccinazioni e la reazione avversa, esiste un nesso causale, o quanto meno concausale.”

“…Pur di negare il nesso causale con i vaccini, in molte occasioni vengono avanzate ipotesi assolutamente indimostrate e indimostrabili, al solo scopo di coprire le responsabilità per mancata vigilanza, anche incolpevole, dello Stato e per lui, del Servizio Sanitario Nazionale.”
…Si tratta semplicemente di ammettere che l’incidente può capitare (forse in numero superiore a quello dichiarato possibile dal Ministero della Salute), e quindi riconoscere il danno provocato, senza trincerarsi dietro la formula “…presumibilmente genetica…” per non riconoscere il danno.

In un paese civile, quale il nostro pretende di essere, riconoscere un errore, anche quando non c’è dolo, non può essere motivo di scandalo ma l’occasione per correggere eventuali distorsioni nelle procedure e nelle somministrazioni di farmaci, come appunto sono i vaccini.